Anteprima del volume “Gli interrogativi della vita”

Capitolo 1

PERCHE’ QUESTO LIBRO

Non sappiamo di preciso a quali domande si riferiva Immanuel Kant quanto disse: «La ragione umana viene afflitta da domande che non può respingere, perché le sono assegnate dalla natura della ragione stessa, e a cui però non può neanche dare risposta, perché esse superano ogni capacità della ragione umana», ma sicuramente tra esse vi erano quelle sul senso della vita di ciascun individuo umano e sullo scopo ultimo dell’esistenza stessa; nonché, quasi certamente, quelle che riguardano l’origine prima dell’Universo e della Vita. Interrogativi che chiunque si pone almeno una volta durante la propria vita, soprattutto quello  fondamentale sul senso e sullo scopo della propria esistenza: Qual è lo scopo e il senso della mia vita e della mia esistenza?

Interrogativo, quest’ultimo, che non è affatto banale, retorico e senza risposta, come potrebbero sembrare; perché, come dice Kant, “supera ogni capacità della ragione umana”; ma, al contrario: è l’interrogativo più concreto e razionale che una persona possa porsi. Infatti, cosa c’è di più importante e vitale per ciascun individuo umano, del chiedersi qual è lo scopo e il senso della propria vita e della propria esistenza?

Cosa c’è? Nulla! (Almeno secondo chi scrive).

Per cui, è persino ovvio dire che per ogni individuo umano è indispensabile trovare la risposta a questo interrogativo, ed è essenziale e vitale trovare quella vera, quella giusta. Non basta trovarne una qualsiasi, perché, se tale risposta è errata, sarà errata anche la vita che ciascuno imposta secondo tale visione sbagliata della vita. Infatti, che uno sia consapevole o meno, è certo che l’esistenza futura, terrena ed eterna di ognuno, dipende da ciò che ciascuno ritiene sia lo scopo ultimo della propria esistenza.

Anche noi autori ci siamo posti spesso questo interrogativo e, insieme ad esso, altri dello stesso tipo: Perché esiste tutto ciò che esiste? Come è iniziata l’esistenza dell’Universo e della vita? Qual è lo scopo di tale esistenza? E, soprattutto: Perché Io esisto?

E ancora: da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Cosa ci accade quando moriamo? Dio esiste realmente? La Bibbia contiene effettivamente una rivelazione divina?

Tutti interrogativi fondamentali ai quali abbiamo cercato di dare quelle risposte vere e giuste a cui abbiamo accennato poco fa. Risposte a cui siamo giunti dopo le lunghe e articolate ricerche studi e riflessioni che presentiamo in questo libro. Opera che non abbiamo scritto per vanità, presunzione, orgoglio o altri motivi personali del genere, ma per condividere con gli altri le uniche risposte razionali agli interrogativi fondamentali della nostra esistenza che noi abbiamo trovato, affinché siano per ciascuno uno stimolo e un punto di partenza per trovare le risposte giuste alle proprie domande.

Perciò, senza la presunzione di essere “la bocca della verità” e con la consapevolezza di essere gli ultimi degli scrittori, condividiamo anche con Te questo nostro umile saggio, con la speranza di indurre chiunque lo legge a riflettere seriamente sugli argomenti che trattiamo in esso.

Con quest’opera non pretendiamo di dare una risposta dogmatica, definitiva e completa agli interrogativi che ci porremo in queste pagine, né asseriamo che la risposta finale che diamo al senso della vita umana è una verità indiscutibile e assoluta; ma desideriamo unicamente che quanto esporremo in queste pagine sia per chi le legge uno stimolo e un punto di partenza per le proprie valutazioni personali su tali argomenti. Poiché, come disse il grande Blaise Pascal: «Ci si persuade meglio con le ragioni che abbiamo trovato da noi che con quelle trovate da altri».

Cosa che ci consiglia di fare anche Dio: «Beato l’uomo che medita sulla sapienza e ragiona con l’intelligenza, che considera nel cuore le sue vie: ne penetrerà con la mente i segreti» (Siracide 14,20).

Insomma, nel comporre queste pagine abbiamo cercato di lavorare unicamente con lo scopo di fare un po’ di bene a chi le leggerà. Perciò, certi di non deludere chiunque si pone seriamente di fronte agli interrogativi esistenziali trattati in questo libro, chiediamo al lettore di avere un po’ di fiducia in noi e seguirci fino alla fine.

Inoltre, consapevoli del fatto che l’obbiettività totale non esiste, ci teniamo a precisare che, anche se siamo dei cristiani cattolici, abbiamo fatto tutto ciò che era in nostro potere per condurre ed esporre questo studio nel modo più obbiettivo possibile; fermamente convinti che la verità passa anche attraverso l’onestà intellettuale e il rispetto delle opinioni altrui. Coscienti del fatto che, il Dio onnipotente in cui crediamo, è il primo a rispettare il libero arbitrio dell’uomo.

Secondo noi, il modo migliore per giungere alla verità che ci interessa (quella più vera possibile), è il confronto e l’analisi oggettiva e razionale delle varie opzioni possibili, valutandole con cura una per una e, alla fine, trarre le conclusioni per discernere quale è quella vera; oppure, se non si dovesse raggiungere nessuna certezza, valutare quale è la “più vera”.

Per fare questo nel modo più oggettivo e obbiettivo possibile, è necessario che: né si escluda a priori, sulla base di opinioni personali precostituite che non hanno nessun riscontro oggettivo o empirico, nessuna ipotesi o tesi, nemmeno quelle della fede; né si accetti acriticamente e aprioristicamente, prendendole per certezze, nessuna ipotesi o tesi che non è avallata da elementi oggettivi e/o empirici. Le tesi si possono escludere a priori, soltanto se vi sono riscontri oggettivi e/o empirici che le invalidano concretamente; e parimenti, si possono ritenere vere, soltanto se vi sono elementi oggettivi che ne garantiscono o dimostrino la veridicità.

È questo il principio base su cui fondare qualunque ragionamento umano razionale e obbiettivo, nonché ogni analisi seria.

Perciò, mentre una determinata ipotesi o tesi, può essere esclusa da una prova oggettiva proveniente dalla Scienza sperimentale o Scienza galileiana, poiché questa è una verità scientifica certa verificata empiricamente (anche se non è mai assoluta); la stessa ipotesi o tesi non può essere esclusa da un’altra teoria o da un’altra ipotesi, perché esse non sono affatto verità scientifiche certe e inoppugnabili, dato che non poggiano sull’oggettività di un verificata condotta con i metodi della scienza sperimentale.

Una teoria, non poggiando su elementi oggettivi la cui veridicità è accertata empiricamente, è solo un punto di vista astratto soggettivo. Può essere molto valida, come spesso accade, ma resta sempre tale: una semplice teoria. Certo, questo non significa automaticamente che le teorie sono tutte errate, visto che tutte le certezze scientifiche esistenti, inizialmente erano delle teorie indimostrate; ma nemmeno significa che una data teoria è certamente esatta.

Il succo di questo ragionamento è questo: nel valutare la realtà delle cose, soprattutto in campo scientifico, alle teorie e alle ipotesi, anche se valide, non può essere mai data la stessa certezza e lo stesso peso che si dà ai fatti scientificamente e/o oggettivamente certi.

Le «verità scientifiche», sono quei fatti e quelle conclusioni fondate su prove scientifiche verificate sperimentalmente, la cui esattezza è stata accertata tramite rigorosi studi empirici; i quali, secondo le regole del metodo Sperimentale o Galileiano, devono poter essere riprodotti da chiunque desideri controllare la loro reale veridicità. Queste verità sono certe; almeno fino a quanto scientificamente e inconfutabilmente non viene provato il contrario. Cosa che, a volte, accade realmente, perché le scoperte scientifiche sono un divenire continuo. Nemmeno le verità scientifiche acquisite, sono totalmente assolute.

Invece, le «teorie scientifiche», sono quelle enunciazioni astratte fondate su teorie e ipotesi in fase di studio e di valutazione, alla cui base non vi è nessun esperimento scientifico o un qualunque altro dato empirico scientificamente certo che confermi la loro reale veridicità. Almeno non ancora. Quindi, secondo il metodo scientifico sperimentale accettato da tutti gli scienziati, esse non possono assolutamente essere spacciate per «verità scientifiche», e spesso non possono nemmeno essere definite “teorie scientifiche”, ma solo e semplicemente «teorie», senza l’aggettivo “scientifico” che le qualifichi come tali. Queste non sono verità certe.

Poi, bisogna distinguere anche fra le diverse teorie. Ci sono teorie che, pur essendo tali, hanno basi scientifiche che poggiano su elementi oggettivi e analisi obiettive della realtà, come per esempio la “Teoria del Big Bang”; mentre altre, all’estremo opposto, si basano soltanto su assunti e/o opinioni astratte e soggettive; se non addirittura su ragionamenti artificiosi e preconcetti.

È evidente, che le prime hanno molte più probabilità di essere vere delle seconde. Non bisogna mai dimenticare che soltanto una piccola percentuale delle teorie scientifiche, che nel corso della storia sono state avanzate, sono poi risultate vere alla prova dei fatti.

Le teorie, anche se ben fondate, restano sempre e solo delle teorie, fin quando la scienza galileiana le confermi. Perciò, come in tutte le cose umane, anche in queste e soprattutto in queste, ci vuole equilibrio e razionalità.

Riguardo al soprannaturale poi, la posizione della scienza galileiana è neutra, perché non può né confermare e né smentire empiricamente la sua effettiva esistenza. Pertanto, è antiscientifico escludere dogmaticamente a priori l’esistenza di Dio o di altre realtà soprannaturali.

A primo impatto ciò sembra una cosa assurda, ma non lo è affatto. È una constatazione empirica che si fonda proprio sui principi fondamentali della scienza sperimentale, stando ai quali: è antiscientifico escludere a priori l’esistenza di una determinata realtà, naturale o soprannaturale che sia, senza che esistano prove oggettive e tangibili che lo confermano incontrovertibilmente; esattamente come è antiscientifico accettare a priori l’esistenza di una realtà naturale, senza avere prove tangibili che lo confermino concretamente.

Questa è anche l’opinione dello scienziato Antonio Zichichi, uno che di prove scientifiche sa tutto quello che c’è da sapere, dato che ha trascorso la sua vita nei laboratori di fisica sperimentale più importanti d’Europa, ricevendo il Premio Nobel proprio per le scoperte fatte in questo campo. Egli, nel suo libro intitolato Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo, a pagina 155 afferma: «Non esiste alcuna scoperta scientifica che possa essere usata al fine di mettere in dubbio o di negare l’esistenza di Dio».

E altrove precisa: «La scienza non può né confermare e né smentire l’esistenza di Dio».

Infatti, il soprannaturale non è valutabile con i metodi empirici naturali. Non potrà mai esserlo, perché, né l’attuale scienza galileiana, né qualunque altro metodo di indagine empirica che l’uomo potrà inventare in futuro, possono operare al di fuori della dimensione naturale a cui appartengono.

Pertanto, chiunque neghi l’esistenza di Dio in nome della scienza, afferma il falso. Anzi peggio, spaccia una presunta verità scientifica per una professione di fede. Infatti, la fede, non è soltanto il credere nell’esistenza di Dio o di un’altra entità o realtà soprannaturale senza che esista un elemento oggettivo che lo prova concretamente, e/o l’atto personale e libero con cui ci si affida con fiducia a queste realtà; ma, più in generale: è il credere vero una cosa la cui veridicità non è provata oggettivamente e/o empiricamente. Essa è essenzialmente il credere nell’esistenza di una realtà o nella veridicità di concetti, affermazioni, dogmi, assunti e quant’altro, soltanto sulla base di convinzioni personali o sulla fiducia totale in chi ha fatto o fa tali enunciazioni; indipendentemente dall’esistenza o meno di prove che confermino o smentiscano tali realtà o “verità”. Ciò significa che la fede entra in gioco con modalità e gradualità diverse, quasi in ogni ambito delle attività umane e in ogni circostanza della vita, compreso quello della scienza galileiana. Difatti, tutte le scoperte scientifiche della storia umana, sono la conseguenza di atti di fede fatti dagli scienziati nei confronti di teorie astratte. Tutte le attuali conoscenze scientifiche empiriche, inizialmente erano delle teorie indimostrate, spesso apparentemente assurde.

Pertanto, ogni qual volta si ritiene vero una cosa la cui veridicità non è sostenuta da prove concrete, si compie un atto di fede. Basta che manchi una prova empirica o un elemento concreto che dimostri oggettivamente la veridicità o la falsità di un’affermazione o convinzione, per far si che si compia un vero e proprio atto di fede verso questa realtà.

Per cui le teorie e le ipotesi, anche se spesso sono definite scientifiche, hanno poco o nulla della empiricità della scienza sperimentale. Sono sempre nel raggio d’azione della fede, anche se bisogna sempre distinguere caso per caso. Più ci si allontana dai fatti empirici e più ci si addentra nel campo della fede.

Questi chiarimenti sono stati necessari perché a volte si parla di «scientificità» a sproposito, quando la scienza vera e propria, quella galileiana, non ha nulla a che fare con quanto si sta dicendo. Cosa che, in certi casi, potrebbe trarre in inganno le persone estranee all’ambiente scientifico, le quali, sentendo parlare di scienza, possono erroneamente credere che ciò che in quel momento sentono o leggono, è scientificamente vero, anche se non lo è; accomunando le certezze scientifiche alle teorie indimostrate, o addirittura, le certezze scientifiche alle tesi personali del divulgatore di turno. Ciò può accadere soprattutto se le cose vengono dette da una persona appartenente all’ambiente scientifico, oppure a un ambiente che l’ascoltatore ritiene tale, perché, in quel caso, il ruolo e il prestigio della persona contribuiscono a trarre in inganno l’ascoltatore e/o il lettore.

Perciò, sia per rispetto degli altri, che della verità stessa, quanto si parla di scienza, bisogna sempre distinguere chiaramente le verità certe e incontrovertibili della scienza galileiana, dalle teorie che non hanno nessun riscontro oggettivo o scientifico reale.

Con questo, non vogliamo accusare nessuno di cattiva condotta e nemmeno giudicare l’operato di chicchessia, ma intendiamo soltanto precisare alcuni principi fondamentali su cui fondare ogni serio e onesto ragionamento umano. Perché, tali concetti, sono fondamentali per la giusta valutazione e la giusta comprensione di quanto esporremo in questo libro.

Detto ciò, va anche riconosciuto umilmente che l’oggettività assoluta non esiste, poiché è inevitabile che le convinzioni personali e tutte le altre doti individuali, influenzino in buona fede tutto ciò che una persona fa e pensa. Però, questo non deve essere un alibi per non impegnarsi a essere obbiettivo il più possibile; soprattutto, non deve essere una scusa per spacciare intenzionalmente presunte verità per certezze. O, addirittura, per far passare vere e proprie “fedi” ideologiche o filosofiche per certezze scientifiche.

Non è che abbiamo qualcosa contro la filosofia, anzi, al contrario, siamo convinti che essa è una disciplina umana molto importante e ha fatto tanto bene all’umanità, ma vogliamo soltanto precisare che le tesi filosofiche, non sono certezze scientifiche. Ad esse non si può dare lo stesso grado di veridicità e lo stesso peso che si dà a ciò che proviene dalla scienza galileiana. Il filosofo, al contrario dello scienziato, non ha bisogno di dimostrare empiricamente ciò che afferma, le sue tesi si basano esclusivamente su ragionamenti intellettuali astratti. Perciò, tutto ciò che viene dalla riflessione filosofica deve essere valutato con prudenza e razionalità, rimanendo nell’oggettività. Perché, solo se un ragionamento parte da dati oggettivi ed è condotto con razionalità ed equilibrio, può approdare a conclusioni serie. Diversamente, si sconfina nell’arbitrio soggettivo, mediante il quale si può costruire qualunque tesi si desideri. Troppo spesso la filosofia pretende di avere la risposta per qualsiasi interrogativo o problema umano, e poi si scopre che non è così. Perciò, se nell’ambito della meditazione filosofica si vuole evitare di giungere a conclusioni clamorosamente errate, bisogna sempre distinguere i ragionamenti basati su dati o fatti oggettivi e condotti con razionalità e obiettività, da quelli costruiti su artificiose e arbitrarie speculazioni soggettive. I primi sono seri e possono avere o hanno un certo grado di veridicità, i secondi no.

Naturalmente questo vale anche per le riflessioni personali. Non dobbiamo mai basarci su idee preconcette o su pregiudizi, ma sempre su dati o fatti oggettivi. Inoltre non dobbiamo mai avere concetti errati della realtà. Poiché non è reale solo ciò che possiamo vedere o toccare, ma è reale tutto ciò che è reale. Esiste tutto ciò che esiste, non soltanto ciò è possibile valutare empiricamente. Non possiamo escludere l’esistenza di una realtà soltanto perché non possiamo verificarne l’esistenza. Ciò è irragionevole, illogico e antiscientifico. Molti fatti della storia umana lo confermano, come per esempio l’errata concezione dell’Universo dei popoli antichi. Non dobbiamo nemmeno porre limiti a ciò che deve o non deve esistere e a ciò che deve o non deve essere vero.

Perciò, anche se, ovviamente, non dobbiamo mai porre confini al pensiero umano, dobbiamo umilmente ammettere anche i limiti della nostra ragione, accettando sia il fatto che esistono molte cose che la superano e sia la possibilità che possano esistere realtà ignote che noi non siamo in grado nemmeno di immaginare.

Per difendersi da eventuali distorsioni della verità contenuta in qualunque tipo di documento o testimonianza, la persona che la prende in considerazione ha una sola arma a disposizione: non dimenticare mai di essere un individuo pensante che ragiona con la propria mente; poiché, come abbiamo già detto: «Felice chi si dedica alla sapienza e ragiona con la sua testa per andare a fondo nelle cose».

Perciò, evitiamo di accontentarci di ciò che pensano e dicono gli altri delle cose che ci interessano, soprattutto di quelle fondamentali della vita, e riflettiamo con la nostra testa. Come disse Blaise Pascal: «L’uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna che pensa».

Non bisogna mai permettere agli altri di pensare e decidere al posto nostro. Chiunque esso sia. Ma attenzione, ciò non significa che non dobbiamo ascoltare gli altri, anzi, al contrario, dobbiamo farlo sempre, soprattutto chi ci dà dei consigli amorevoli e disinteressati; ma, poi, dobbiamo essere sempre noi a decidere per noi stessi. Seguite sempre il consiglio che l’apostolo Paolo dette ai Tessalonicesi (1Ts 5,21), e cioè: vagliate sempre approfonditamente ogni cosa e trattenete per voi soltanto ciò che è vero, buono e giusto.

Questa regola la possiamo definire: conservare sempre la propria facoltà di pensare e di decidere. Regola inscindibilmente associata all’umiltà interiore e al rispetto delle idee altrui, qualunque esse siano. Altrimenti si sfocia nel delirio di onnipotenza.

Per trattare esaurientemente gli argomenti che analizzeremo in questo libro, ci avvarremo anche della fonte di informazioni più antica e autorevole che possediamo: la Bibbia. Anche perché, se non dobbiamo escludere neanche ciò che proviene dalla fede, la Bibbia è certamente il documento più importante e attendibile della storia umana, su cui si basa la fede praticata da circa un terzo della popolazione del nostro pianeta: quella Cristiana. Fede nata dagli insegnamenti e dalla vita di Gesù, il Figlio divino dell’onnipotente Dio biblico di Mosè e di Abramo, incarnatosi e vissuto in Palestina circa duemila anni fa. Inoltre, il Cristianesimo è il punto di arrivo dell’ebraismo; poiché, Gesù, è il Messia che Dio aveva promesso di inviare al suo popolo per redimerlo. Motivo per il quale la Bibbia cristiana include integralmente quella degli Ebrei: il Vecchio Testamento.

Quella ebraica è una delle religioni più antiche esistenti ed ancora oggi è praticata con lo stesso zelo e fervore con cui la praticavano gli Ebrei che Mosè condusse fuori dall’Egitto circa 3.300 anni fa. Anzi, le sue radici sono ancora più remote, risalgono al patriarca Abramo vissuto in Palestina circa quattromila anni fa. Inoltre, Abramo, e con lui il culto al Dio vivo e vero che adorava, è anche il capostipite dei Musulmani. Culto seguito da un’altro grossa fetta dell’attuale popolazione mondiale. Quindi, oltre la metà degli abitanti del nostro pianeta, ripone la sua fede nello stesso Dio: quello biblico che si rivelò ad Abramo circa quattromila anni fa.

Pertanto, non c’è nulla di meglio, di più affidabile e completo della Bibbia, per valutare anche cosa ci dice la fede riguardo alle realtà che analizzeremo in questo libro. (Sarebbe opportuno e giusto esaminare anche ciò che sostengono le altre religioni, almeno quelle più seguite come l’Islam, il Buddismo, l’Induismo e il Taoismo; però ciò richiede una trattazione vasta che non è possibile fare in questo volume).

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