La Trasfigurazione

LA TRASFIGURAZIONE (Mt 17,1-19)        di padre Alberto Maggi
Lo scontro di Gesù con Pietro (Mt 16,22-23) è stato determinato dall’incapacità dei discepoli, rappresentati da Simone, di comprendere la morte del Cristo.
Ai discepoli, per i quali la morte è la fine di tutto e segno del fallimento totale del Messia, Gesù intende mostrare quale sia la condizione dell’uomo che passa attraverso la morte, per questo “presi con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello li condusse in disparte, su un alto monte” (Mt 17,1).
Se nel deserto era stato il satana a trasportare Gesù “sopra un monte altissimo” (Mt 4,8), dove aveva offerto al Cristo la condizione divina per dominare il mondo intero, ora è Gesù che porta Simone, il discepolo che aveva chiamato “satana” (Mt 16,23), “su un alto monte” (Mt 17,1). Con Simone, Gesù prende altri due discepoli, Giacomo e Giovanni, i fratelli che con la loro sfrenata ambizione saranno causa di divisione nel gruppo dei discepoli (Mt 20,20-28).
Quel che accomuna Pietro e i figli di Zebedèo è che costoro pensano di seguire un Messia trionfante e spingono il Cristo sulla strada del potere per partecipare alla sua gloria. Sono i tre discepoli che Gesù vorrà con sé nel momento del suo arresto, ma sia sul monte sia al Getsèmani i tre si riveleranno incapaci di seguire il Cristo (Mt 26,36-37).
Ora Gesù conduce costoro sul monte, luogo dove Dio dimora (Sal 68,17), e mostra che la condizione divina non si ottiene attraverso il potere, ma con il dono totale di sé. Ai tre discepoli Gesù indica qual è la condizione dell’uomo che, per comunicare vita agli altri uomini, è passato attraverso la morte: questa non annienta la persona, ma la trasforma, consentendo all’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), di raggiungere il suo massimo splendore.
Sul monte l’azione creatrice di Dio viene portata a compimento in Gesù, operando in lui una trasformazione luminosa: “E fu trasfigurato davanti a loro; e splendette il suo volto come il sole e le sue vesti divennero bianche come la luce” (Mt 17,2). Gesù, “irradiazione della gloria di Dio” (Eb 1,3), emana la stessa luminosità del sole, al quale Dio era paragonato (Sal 84,12), e le sue vesti abbaglianti indicano la pienezza della gloria divina (Mt 28,3).
Accanto a Gesù, appaiono ai discepoli i due personaggi che secondo la tradizione popolare non erano morti ma erano stati rapiti in cielo: Mosè, sul quale, secondo Giuseppe Flavio, “scese una nube ed egli scomparve in una valle” (Ant. IV, 8,48), ed Elia, che “salì nel turbine verso il cielo” (2 Re 2,11).
Mosè ed Elia rappresentano le promesse del regno di Dio, manifestate attraverso la Legge e i Profeti, che Gesù ha assicurato di voler portare al loro massimo compimento (Mt 5,17).
Il Legislatore e il Profeta, coloro che in passato hanno parlato con Dio sul Sinai (Es 33,17; 1 Re 19,9-13), ora conversano con Gesù, il “Dio con noi” (Mt 1,23). Essi non si rivolgono ai discepoli, ma dialogano col Cristo: alla comunità cristiana la Legge e i Profeti non hanno nulla da dire se non attraverso Gesù. Tutto quel che nell’Antico Testamento non è in sintonia con il messaggio del Cristo non ha valore per la vita del credente.
A turbare questo importante momento è Pietro, che si rivolge a Gesù dicendo: “Signore, è bene che noi stiamo qui; se vuoi farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia” (Mt 17,4).
Ancora una volta Simone svolge il suo ruolo del satana nei confronti di Gesù. Questo discepolo seguita ad essere pietra d’inciampo al Cristo, e il suo agire continua ad essere “secondo gli uomini” e non “secondo Dio” (Mt 16,23).

Tre capanne

La proposta di Pietro a Gesù va situata nel clima di attesa della manifestazione del Messia, che la festa più popolare d’Israele, quella delle Capanne (ebr. Sukkot), chiamata semplicemente “la festa” (1 Re 8,2), accendeva (Gv 7,2-4).
Durante questa festa gli ebrei dimoravano per sette giorni in capanne, in ricordo della liberazione dall’Egitto (Lv 23,42-43) e in attesa della vittoria finale del “Signore degli eserciti” sugli altri popoli (Zc 14,16-19).
Con l’invito a fare tre capanne, Pietro sta proponendo a Gesù di manifestarsi come il Messia nazionalistico appoggiato dalla Legge e dai Profeti. Egli non colloca Gesù al centro dei tre personaggi: il posto più importante è occupato da Mosè (“una per te, una per Mosè e una per Elia”).
Per Pietro, Gesù deve collocarsi sulle orme di Mosè e non sostituirlo: il Messia desiderato è colui che si conforma alla Legge emanata da Mosè, facendola osservare con lo stesso zelo violento di Elia (1 Re 18,20-40). Per lui, Mosè ed Elia sono sempre importanti e validi: non ha compreso la novità proposta dal Cristo e cerca di mettere il vino nuovo di Gesù nei vecchi otri della tradizione (Mt 9,17).
Mentre Pietro sta ancora parlando, Dio interrompe bruscamente il suo intervento: “Questi è il Figlio mio, il prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Lui ascoltate!” (Mt 17,5).
L’ordine imperativo, dato da Dio stesso, non ammette eccezioni, e si richiama a quanto promesso dal Signore a Mosè: “Yahvé tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto” (Dt 18,15). L’unico che i discepoli devono ascoltare è Gesù, il solo a riflettere pienamente la volontà divina in quanto Figlio di Dio.
Mosè ed Elia non sono stati che servi del loro Dio (Dt 34,5; 1 Re 18,36) e hanno trasmesso un’alleanza tra dei servi e il loro Signore. Gesù è il Figlio di Dio, e la sua alleanza è tra dei figli e il loro Padre.
“All’udire ciò i discepoli caddero sulla loro faccia e s’impaurirono molto” (Mt 17,6). “Cadere sulla faccia” è, nel linguaggio dell’Antico Testamento, segno di disfatta (1 Sam 17,49). I discepoli si sentono sconfitti, in quanto sentono infrangersi i sogni di restaurazione della Legge di Mosè mediante l’impeto veemente di Elia, e hanno paura, in quanto riconoscono di essere in presenza di una manifestazione divina e quindi di dover morire (Is 6,5).
Nonostante Gesù avesse ripetutamente parlato loro di Dio quale un Padre, essi continuano a pensare secondo le categorie della tradizione religiosa che incutevano la paura di Dio (“Nessun uomo può vedermi e restare vivo”, Es 33,20).
“Ma Gesù si avvicinò, e toccatili, disse: Alzatevi e non abbiate paura” (Mt 17,7). Il gesto di Gesù, lo stesso da lui adoperato per restituire salute agli infermi e vita ai morti (Mt 8,3.15), dà loro la forza di sollevare gli occhi, e vedono “Gesù solo”.
Mosè ed Elia sono stati eliminati dalla scena: colui che devono ascoltare è Gesù e non Mosè, ed è il Cristo che devono seguire, senza sperare nel ritorno di Elia (Mt 17,10).
Gli occhi dei discepoli, che ora si sono aperti, torneranno a chiudersi nel Getsèmani, dove Gesù ripeterà l’invito “alzatevi” ai tre discepoli, i quali, anziché essere solidali col loro maestro, si sono addormentati (Mt 26,40-46).

 

 

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